mercoledì 30 ottobre 2013

San Giuda apostolo (non meteorologico)


Una lettura molto suggestiva dell'ultima performance di Cattelan.

domenica 27 ottobre 2013

PROUSTIANA (10)

Proust, La parte di Guermantes (prima parte), ed. I Meridiani, vol.2, p.244
 
 
"Ma via" aggiunse con un risolino tenuto a freno dagli avanzi del finto malumore" lo sanno tutti, un pennaiolo è uno scrittore, uno che usa la penna. Ma è una parola orribile. Roba da far accapponare la pelle. Non la userei nemmeno sotto tortura...E così, questo è il fratello! non avevo ancora realizzato. Ma, in fondo, è abbastanza comprensibile. Hanno tutti e due la stessa umiltà da scendiletto e le stesse risorse da biblioteca circolante. Lei non è meno adulatrice di lui, e altrettando noiosa. Comincio a farmi un'idea della famiglia".

martedì 22 ottobre 2013

Riviste letterarieee!


Ho scoperto questo blog qui.
Redattori, che dite?
Io dico: stiamo a vedere.

(A essere pignolo, quell'inciso nel titolo del primo - e finora unico - post, col suo sapore di cibo precotto, non è che mi riempia di appetito...)



sabato 19 ottobre 2013

McCarthy

Ho terminato la lettura di "la strada" di mccarthy. era la una di notte. ho tirato dritto mentre tutta la casa era nel sonno. io viaggiavo in mezzo a lande desolate, bruciate, battute dal vento, dal gelo, da bande di assassini e cannibali, da raminghi senza dio, cercando di aiutare il padre e il figlio a portare intatto il fuoco. alla fine ho pianto di brutto nel silenzio della casa, sdraiato vicino a mia moglie, e poi sono andato in camera delle bambine a guardarle, proprio come è successo a Gabriel Del Sarto. è un libro che - a riuscirci - NON va letto tutto d'un fiato (e nemmeno in due fiati, come ho fatto io, in due sere): è troppo pericoloso. ha un livello di tensione continua che se ne frega di tutte le pseudo-regole della narrativa. 218 pagine che bruciano. che tu sia padre, figlio, madre, figlia: leggi questo libro e preparati a portare il fuoco. preparati a trovare la bontà.

Non ti preoccupare. questo momento doveva arrivare da tempo. Adesso è arrivato. Continua ad andare verso sud. Fa' tutto come lo facevamo insieme
Fra poco ti passa, papà. Ti deve passare.
No, non passerà. Tieni sempre la pistola con te. Devi trovare gli altri buoni, ma non puoi permetterti di correre rischi. Niente rischi, capito?
Voglio restare con te.
Non puoi.
Ti prego.
Non puoi. Devi portare il fuoco.
Non so come si fa.
Sì che lo sai.
E' vero? Il fuoco, intendo.
Sì che è vero.
E dove sta? Io non lo so dove sta.
Sì che lo sai. E' dentro di te. Da sempre. Io lo vedo.

sabato 12 ottobre 2013

Scarico


Ieri (qui ci sono ancora più di venti gradi) ero in spiaggia. Davanti a me, ignara della mia presenza, un'anziana signora dall'accento romano parlava al telefonino.
Raccontava all'interlocutrice, Maria Pia, di questo suo nipote grande e grosso ma che si comporta ancora come un bambino, e che era venuto a tenerle compagnia per una settimana. Sarebbe ripartito nel pomeriggio.
Dopodiché, abbreviando in MaPi il nome dell'interlocutrice, le ha detto: oggi sono due mesi che mio marito non c'è più.
Poi ha ripetuto tre volte: MaPi? Quindi ha guardato il display del telefonino e ha commentato fra sé: scarico.
Ha infilato il telefonino nella borsa in vimini, ne ha estratto una rivista e si è messa a sfogliare le pagine.



mercoledì 9 ottobre 2013

Gocce d'acqua nel mare


 "In verità, l'avvento di questa società di formiche è iniziato con le masse, le prime intrappolate nel reticolo delle razionalità livellatrici. Poi il flusso si è ingrossato e ha raggiunto i quadri che dominavano l'apparato, dirigenti e tecnici assorbiti nel sistema che gestivano, per sommergere infine le professioni liberali che sembravano protette, e le anime belle letterarie o artistiche. Nelle sue acque, scorrono e si disperdono le opere, isole un tempo affioranti, tramutate oggi in gocce d'acqua nel mare, o in metafore di una disseminazione del linguaggio che non ha più autore ma diviene il discorso o la citazione indefinita dell'altro."

Michel de Certeau, L'invenzione del quotidiano, p. 27

lunedì 7 ottobre 2013

domenica 6 ottobre 2013

Dilettanti del teatro o teatro dei dilettanti?

Di Konstantin S. Stanislavskij ormai si ricordano ben pochi. Gente e studiosi di teatro. Ma egli è stato il più grande regista del Novecento, uno degli iniziatori della Regia e colui che ne ha dato i risultati più alti, insieme preparandola ai suoi successivi sviluppi. E' l'inventore degli esercizi per l'attore. Stanislavskij non amava il teatro e gli attori della sua epoca: troppo legati agli stereotipi del mestiere, essi gli dovevano apparire come apprendisti stregoni, che pasticciavano coi testi, con l'arte stessa della scena, che tendevando a identificare il personaggio con la propria personalità. Per alcuni di questi attori quello fu il brodo di coltura dal quale poté emergere una grande arte (Salvini, la Duse), ma si trattava di personalità uniche e inarrivabili. Per il resto, la routine del mestiere faceva strage di tutto: si sa per esempio quanto Shakespeare fosse tagliato e rimontato a misura di capriccio d'attore fino a sfigurarne le opere. La stessa Duse nutriva per il mondo teatrale che la circondava, e contro cui combatté tutta la vita, un'opinione molto dura: diceva che per riformare il teatro si sarebbe dovuto distruggerlo e che gli attori avrebbero dovuto morire tutti di peste. Stanislavskij cerca di rimediare a questa impasse e inventa gli esercizi per l'attore: consapevole della genericità e approssimazione della pratica scenica diffusa egli vuole provare a costruire una scienza del teatro e della recitazione. Qualcosa che possa contare su una disciplina, che sia animata e governata da regole certe, mossa da uno spirito di ricerca inesausto. Per il grande regista – e con più evidenza per chi verrà dopo di lui - lavorando sugli esercizi l'attore incontra se stesso, incontra l'uomo che è. Ora, il paradosso è che Stanislavskij, benché diventasse nel giro di pochi anni una figura di rilievo internazionale, comincia a recitare da dilettante. Figlio di un industriale di Mosca, può permettersi di lavorare in un teatro di sua proprietà e dedicarsi alla sperimentazione più libera. Il professionismo teatrale dell'epoca non avrebbe mai accettato pratiche così bizzarre. Anzi, avrebbe probabilmente giudicato il futuro Maestro un attore senza talento. E' buffo come certe categorie capovolgano col passare del tempo il proprio significato. Il teatro dei dilettanti oggi ci appare come qualcosa di esattamente opposto allo spirito del regista russo. Allora egli usava quella nozione per crearsi uno spazio di ricerca separato dalla routine del teatro professionale; oggi quella stessa nozione dà vita, nella maggior parte dei casi, a pratiche teatrali che si rifanno, inconsapevolmente, proprio a quel mondo del professionismo mestierante. Da un lato il dilettantismo faceva esplodere il teatro noto; e ne creava un altro, nuovo. Dall'altro, oggi, in Italia, il dilettantismo fa religione del teatro arcinoto e conferma purtroppo una vecchia impasse.

sabato 5 ottobre 2013

Wallace and I


Allora: David Foster Wallace.
Di lui non ho mai letto niente per almeno due motivi.
Primo: ha la facies troppo, ma davvero troppo, da statunitense.
Secondo: siccome pare che non si possa nominarlo senza giustapporgli l'aggettivo geniale (o il sostantivo genio), aggettivo e sostantivo che io applico a Omero, Dante, Cervantes, Shakespeare, Dostoesvkij e pochi altri, non ho mai letto Wallace per evitargli paragoni impietosi.
Ma in questi ultimi giorni, per diversi motivi, il suo nome mi sta rimbalzando di continuo contro.
Per cui, siccome ricordo che tra i redattori (Edo?) e tra gli amici di Atelier ci sono alcuni estimatori di DFW, vi domando: vi va di estirpare questo mio turpe preconcetto, e per esempio di consigliarmi un suo testo (possibilmente inferiore alle milleduecento pagine) per iniziare?

Vado a vedere a che punto è la zuccherina del vino vendemmiato da poco, e torno.