(Siamo agli Inferi, che qui viene
chiamato Kursaal dei Morti. Parla il direttore del Kursaal dei
Morti.)
DIRETTORE. (…) Qui da me il numero
dei morti in arrivo non aumentò in maniera rilevante (siamo nel
primissimo secondo dopoguerra N.d R.). Vediamo. E' arrivato
lei...
ROOSVELT: e saranno arrivati Mussolini
e Hitler.
DIRETTORE. Mi pare... mi pare di aver
letto questi nomi nel registro. Chi sono?
ROOSVELT. Domanda magnifica! Magnifica
e sprecata! “Chi sono?”. Peccato! Questo “chi sono?”
avrebbero dovuto dirlo gli uomini lassù. Ripeterlo in coro. A
milioni di voci. Milioni di volte. Enormi disastri sarebbero stati
risparmiati. So di uno, un italiano, uno scrittore, credo si
chiamasse Savinio, che diceva: “Molti cercano la soluzione del
fascismo e io questa soluzione l'ho trovata: smettere di pronunciare
il nome di Mussolini. In un mese del fascismo non riamarrà traccia”.
Ma nessuno lo ascoltò. Nessuno ebbe la
forza di non pronunciare più il nome di Mussolini. Nessuno riuscì a
non pronunciare più il nome di Mussolini. E “Mussolini Mussolini
Mussolini”, Mussolini continuò a gonfiarsi, a ingigantire. Del
resto quel Savinio è un ingenuo. Potevano gli Italiani rinunciare a
pronunciare il nome di Mussolini? Come chiedere agli Italiani di non
parlare di se stessi. Il dittatore è un concentrato di popolo. Nel
dittatore si riassume un popolo intero, si esprime, si manifesta,
gode, vive. Gli anonimi si riuniscono in lui e acquistano forza; i
nulli si riuniscono in lui e acquistano un qualcosa.”
(Alberto Savinio, 1991, “Alcesti
di Samuele e atti unici”, Milano, Adelphi, pp. 124-125)