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Santa Giovanna dei macelli
Ho assistito ieri
sera all'ultima replica di "Santa Giovanna dei macelli" di
Bertolt Brecht, regia di Luca Ronconi, allestito nella "storica"
sala del Piccolo Teatro, in via Rovello, a Milano. Non nascondo che
al ferale appuntamento sono stato sospinto anche un po' dalla
recensione di Massimo Marino, pubblicata su doppiozero.com (vedi link
sotto), del quale solitamente mi fido. Ieri sera le motivazioni che
mi sono dato della profonda noia che mi ha attanagliato per tre ore sono state: 1. che trattandosi di ultima replica forse gli attori erano
stanchi. 2. che forse, seduto in fondo alla sala, ero impedito
dall'entrare, in un certo senso fisicamente, nello spettacolo. Pie e
benevole illusioni che il commento di Daniela Nicolò riportato in
calce alla recensione di Marino (vedi sempre il link), ha nettamente
spazzato via . Difficile infatti trovare in quel post qualcosa di non
condivisibile, anzi, impossibile. Confermo di aver sentito anch'io
attori che, cantilenando spesso orribilmente, vanificavano nello
spettatore ogni speranza di "entrare" nel testo - che è
bellissimo, ne ho riletto una parte di ritorno dal teatro. Il punto è
che di questa bellezza, dallo spettacolo ronconiano, non mi è arrivato un bel niente. In fondo, quando si dice che gli attori - o il regista -
sovrappongono le loro fisime vocali a un testo, non si è lontani dal
definire piuttosto precisamente ciò che ho sentito in questo
spettacolo, dove dalla scena, per circa tre ore, gli attori hanno
scagliato sulla testa dell'ignara e folta platea le loro stucchevoli,
forzate e false intonazioni. Devo ammettere che per non cedere
all'irritazione, che forse mi avrebbe indotto a una fuga sdegnata (ma
non potevo, ché stavo in compagnia di cari amici), ho ceduto in
certi momenti alla sonnolenza del giusto. Alla fine la sensazione che mi è
rimasta, dopo una notte di decantazione, è che Ronconi abbia voluto
demolire il testo di Brecht; anzi, meglio, disinnescarlo, proprio
come si fa con le bombe. Mettendo però in atto una strategia più
subdola di chi - come accadeva ai gruppi del Terzo Teatro - il testo
dichiaratamente riduca a frammento o snobbi addirittura. La stessa
attrice che impersonava Giovanna, così poco credibile e fuori ruolo,
nonché spesso patetica nel cercare di rendere la vitalità di una
giovane donna, in quanto molto più vecchia del personaggio, forniva, col
suo lavoro e con la sua stessa presenza, la dimostrazione vivente di
questa intenzione.
A voler fare
i maliziosi, verrebbe da pensare che Ronconi abbia messo in scena
quest'opera allo scopo di rispecchiare - e dunque “cavalcare” -
una situazione di assoluta attualità. Se così fosse, credo che la
risposta del botteghino gli abbia dato ragione, o è normale vedere
la sala piena dopo più di tre settimane di repliche?
O forse è normale perché è l'ennesima conferma che lo spettatore italiano medio, diciamo il consumatore culturale italiano medio, non ha il coraggio di ascoltare la voce della propria capacità critica che gli sussurra all'orecchio: guarda che questa roba fa schifo... Fa schifo... Fa schifo...
RispondiEliminaPerché preferisce di gran lunga andare sul sicuro ascoltando quel lato della sua coscienza (un po' servile) che urla potente: ma no, guarda che dispiegamento di energie intellettuali, su che gran testo poi, con quanta cura, non può fare schifo! Sei tu che non riesci ad apprezzare, piccolo meschino di uno. Quello che vedi è splendido, convincitene.
Un piccolo esercizio base di bipensiero orwelliano. O no?
E così i re nudi imperano indisturbati. E incoraggiati. E sovvenzionati. Esagero? Perché è quel che vedo anche in letteratura, cinema, arti figurative, e bla bla bla.
Trovo stimolanti sia il post che il link; entrambi spingono a meditare sulla produzione teatrale nonché sul contenutismo della drammaturgia brechtiana. Ovviamente non posso esprimere giudizi sullo spettacolo che non mi annovera tra gli spettatori ma, azzardando qualche supposizione, desidero comunque fornire il mio punto di vista di semplice inesperto benché appassionato lettore dei lavori del famoso autore tedesco.
RispondiEliminaNon so quindi se “Santa Giovanna dei Macelli” di Ronconi sia bello o brutto, mi affrange solo apprendere che un’opera possa essere travisata, trasfigurata, fraintesa (una volta di più o come spesso accade) in nome di un teatro, spettacolo, messinscena di taglio moderno (d’attualità o di tendenza) che sembra non riuscire più a suscitare emozioni se non a costo di azioni revisionistiche, interpretative, affidate alla rinomanza del regista, per non dire della scenografia o del cast.
Probabilmente regna sull’allestimento teatrale di Ronconi l’eredità lasciata da Strehler con i suoi punti di riferimento da imitare o superare. Il regista dichiara di dissociarsi dalla precettistica di Brecht, ignorando i messaggi e i contenuti didattici, afferma che mai lo scopo del teatro potrebbe essere quello di cambiare il mondo (articolo su Repubblica di Anna Bandettini).
Ma, aggiungo io, cambiare l’opinione degli spettatori si può ed è ciò che si prefigge Brecht.: in un teatro epico che mira a coinvolgere la platea, seppure gli eventi tragici (ancora attuali) pongano evidenti e inquietanti interrogativi, riunisce in un tutt’uno idealismo, socialismo, realismo e verità artistica.
Emblematica è la figura controversa di Giovanna Dark che, nei suoi tentativi, si dimena e si dibatte senza sosta fino alla morte: apparentemente o inevitabilmente senza successo. Non è necessario che la presa di coscienza stia sulla scena ma tra il pubblico sì.
Auguri a tutti, anche a Ronconi.
Sì Edo è un po' così, non esageri affatto, anche se non tutti i re sono nudi. Per esempio la versione teatrale dei Demoni fatta da Peter Stein due anni fa (lo spettacolo durava ben 11 ore!) è stata un'esperienza indimenticabile. Altro che sonnolenza, lì stavi seduto sui coltelli...
RispondiEliminaPer rispondere all'altro post: attenzione però che se pensiamo che un'opera teatrale possa essere solo fraintesa ecc in nome del "teatro, spettacolo messinscena di taglio moderno" ecc. facciamo torto a molto buono, o eccellente, teatro che magari cerca "semplicemente" di intravedere lo spettacolo teatrale che il testo nasconde in sè, ma non dice apertamente... Cioè voglio dire che il testo teatrale è sì concluso artisticamente in sè, ma è anche, sempre, in attesa di traduzione materiale...
Pardon, non era mia intenzione generalizzare. Indubbiamente avanzavo soltanto un’ipotesi, avrei dovuto inserire un “forse” nel bel mezzo delle mie affermazioni. È ovvio che ogni opera possa o debba essere in qualche modo interpretata e variamente rappresentata, credo sia bensì importante non lasciarsi trascinare dalle mode o dai cliché: né lustrini né paillette o specchietti per le allodole. Ci tenevo comunque a dire la mia su Bertolt Brecht: alcuni lavori sembrano talvolta affidarsi principalmente all’abilità interpretativa del protagonista (semplificando, Amleto per esempio?), altri come quelli su Brecht sottintendono diversi punti di vista, varie chiavi di lettura, non ultima la volontà di richiedere la diretta partecipazione del pubblico, un puro coinvolgimento concettuale. Correggetemi se sbaglio. (Volgendosi in platea) Beninteso, non voglio convincere nessuno, tantomeno offendere, il mio è solo il tentativo di un innocente "divertissement", un giocoso "amusement" per l’appunto. (Il secondo Post ridendo esce di scena)
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