domenica 7 ottobre 2012

Domanda:

Domanda: perché si dovrebbe argomentare quando si può usare l'ironia?

(da una lettera di Paul Feyerabend a Imre Lakatos, 28 febbraio 1970).


5 commenti:

  1. Perché l'ironia è solo la prima parte del pensiero. Si può ironizzare su tutto, all'infinito, anche sull'ironia stessa, entrando così in un novecento di specchi infiniti, in un nichilismo senza Nulla. L'ironia deve essere propedeutica, iniziatica, per l'offerta di un pensiero umile, storico, ma costruttivo.
    L'ironia fine a sé stessa è supponenza, finzione di avere una risposta che sta sempre un po' più in là, ovvero che non c'è.

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  2. La penso come te, nei confronti dell'ironia. Resta da capire, però, se argomentare sia sempre operazione costruttiva.

    (Ricordo quando, era il '95, giovane studente di Lettere mi appuntai la frase nel mio quaderno delle citazioni preferite. Il libro era "Pro o contro il metodo", Raffello Cortina editore. L'esame era Storia del pensiero scientifico. Mi interrogò un assistente alcolizzato, col volto identico a quello di Giangiacomo Feltrinelli).

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  3. Premesso che senza ironia non potrebbe reggersi l’arte fine del raccontare: talvolta essa viene spontanea, è autoreferenziale, ma con i suoi giochi retorici è praticamente imprescindibile.
    Un aforisma d’altronde è spesso riduttivo, sibillino, ognuno può leggerci qualcosa a sostegno delle proprie tesi o convinzioni.
    Per evitare equivoci apro il vocabolario e cerco “argomentare”: gli assegno un significato comune che è quello di addurre argomenti, ragionare. Già così avverto una discrepanza, una stonatura nel dettame di Feyerabend: può l’ironia sovvertire il pensiero logico? No di certo, magari alterare o travisare i significati, mistificare persino, mai trascendere l’umana propensione intellettiva.
    La questione si fa filosofica.
    Risalgo alle speculazioni socratiche, ai “per assurdo” platonici, mi imbatto in Kierkegaard e rimango incantato: l’ironia trapassa l’estetica, pura osservazione, e approda all’etica con i suoi metri di giudizio.
    Poiché un autore, quando fa dell’ironia, esprime una sentenza che non ammette replica, forse in tal senso riesce a evitare un preciso sillogismo, una pratica deduttiva più o meno mediata dalla logica.
    O forse Feyerabend, volendo essere semplicemente ironico, dice una cosa e pensa l’opposto.

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  4. Diciamo che bisogna saper argomentare con ironia... La sintesi che a me piace è questa: prende sul serio le cose che si dicono e si fanno, ma non prendere mai sul serio sé stessi.
    Altra norma che mi do (e che conferma l'ironia come propedeutica): l'intelligente non deve dire sì, ma dire no al no. L'ironia serve per arrivare a un sì che si fa leggero nel momento stesso in cui si fa responsabile.

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  5. "Prendere sul serio le cose che si dicono e si fanno, ma non prendere mai sul serio sé stessi".

    Sì, sì, sì.

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