venerdì 8 marzo 2013

Sulle prefazioni


Voi cosa pensate, se pensate qualcosa, delle prefazioni?
Vi piace la prefazione-saggio di quarantotto pagine, a cui seguono la biografia dell'autore, i riferimenti bibliografici e l'antologia della critica?
O quella sintetica-sintetica che informa giusto sui minimi dati biografici dell'autore e sull'occasione da (per) cui il libro è nato?
Oppure quella goffo-ammiccante che sovrainterpreta (e di solito svela il finale)?
O ancora, quella dello scrittore contemporaneo che con intollerabile narcisismo segnala tutti i debiti che ha con l'autore, chiamandolo col nome proprio e istituendo imbarazzanti parallelismi tra lui e sè?

Personalmente, i libri mi piacciono senza prefazione, e con una quarta di copertina intelligente.

p.s.
E poi non ho mai capito la differenza - di contenuto, dico - tra prefazione e postfazione.

6 commenti:

  1. Se è presente, almeno una possibilità gliela offro.
    In alcuni casi, forse non più di un paio, mi sono imbattuta in prefazioni migliori del libro stesso.

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  2. A me la seconda opzione "quella sintetica-sintetica che informa giusto sui minimi dati biografici dell'autore e sull'occasione da (per) cui il libro è nato" può non dispiacere.

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  3. Dimenticavo quelle disperanti: editore sconosciuto (spesso a pagamento), autore sconosciuto (e va beh), prefatore sconosciuto (che di solito ha un'iniziale puntata tra nome e cognome e scrive friendly, o ha un cognome nobile e scrive alla Carducci; nel primo caso è il cugino dell'autore, nel secondo il suo ex prof di lettere).

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  4. Senza dubbio la seconda sintetica-sintetica!

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  5. Io tendo a fare di ogni prefazione una postfazione: cioè la salto all’inizio per approfondire dopo la lettura, se il libro lo merita. Alcuni preamboli critici sono davvero interessanti ed esaustivi: impreziosiscono l’opera e ci risparmiano di dover comprare un saggio a parte (siamo genovesi d’altronde).

    Se è l’autore stesso che introduce tali aggiunte (pre o post), lo fa per instaurare un dialogo con il lettore, quasi a volergli ricordare: dietro questo fiume di parole, nel corso della lettura, io sono qua insieme a te. Hanno carattere esortativo ma se scritte con maestria (anche un po’ d’ironia non guasta) spesso sono davvero convincenti.

    Tanto per citare qualcuno, genovese per di più, recentemente ho riletto le premesse di Fernanda Pivano alle opere di Kerouac, quanto mai enunciative e ieratiche.

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  6. In un'opera contemporanea, per un pubblico non specialista, che senso ha?
    Ma in anche in letteratura non contemporanea. Tutte le prefazioni a Dostoevskij che ho letto sono riuscite solo a confondermi le idee.
    Sono favorevole a una nota di contestualizzazione, al massimo. Per chi vuole approfondire, un'appendice.

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