martedì 2 ottobre 2012

Scrittori e editori

Leggo un'intervista oggi ad Aldo Busi su un suo romanzo dalle vicissitudini accidentate (premesso: Busi è un autore che non conosco, quando avevo vent'anni mi irritava perché vedevo in lui un tipico giullare postmoderno ben dotato, stregato dal danaro e dal successo, oggi mi procura diffidenza come tutti gli autori la cui vita clamorosa soffoca l'opera, proprio nel momento in cui la ingigantisce). Però dal suo racconto credo possano ricavarsi spunti interessanti su come un colosso editoriale (la Mondadori) si comporti nei confronti di un autore 'dalle uova d'oro'. Figuriamoci questo declinato su autori dalle uova nascenti o vulnerabili, timidette.

3 commenti:

  1. Leggendo l’intervista e qua e là alcune pagine delle opere di Busi, mi vien da pensare che la faccenda sia alquanto pretestuosa. Una sorta di autopromozione del libro, l’avvio di un battage promozionale, l’inizio di una campagna di vendita (ohibò! evito l’uso di aggettivi più o meno dequalificanti).
    O tuttalpiù sembra il tentativo di metter le mani avanti, per saggiare il terreno, vedere fino a che punto ci si possa inoltrare. Con la volontà di stupire, di far inalberare, mettere a prova le umane resilienze (la resistenza dei lettori si fa assai più complessa, richiede ormai attente prove di laboratorio), si tenta oggidì qualsiasi cosa pur di approdare al successo, sia esso letterario o semplicemente editoriale.
    Se il libro fosse realmente bello, innovativo, risolutivo, lungimirante, di compendio a una vita sopra le righe, … non dovremmo vederne mai la comparsa (voglio dire che probabilmente non rientra nei moderni canoni di mercato): chi se ne dispiace faccia sentir le sue ragioni.

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  2. Secondo me Busi è uno di quelli che di autopromozione non ne ha granché bisogno (anche se ovviamente l'intervista così confezionata lo è, ma era già pattuita con il gruppo Giunti per il lancio del romanzo). Il punto secondo me interessante è altro: le due clausole contrattuali sono strabilianti. Cioè: considerando quello che del romanzo viene detto (il finale della visita del papa a Madrid) e in considerazione della nota vis anticlericale di Busi (il papa all'epoca polemizzò con Zapatero che ha abolito l'ora di religione e introdotto il matrimonio gay), ci si può aspettare di tutto, chiaramente. Ma che un editore dica: a) "devi essere disponibile a tagliare passi provocatori e/o urticanti" (immaginiamo quali) b) "non lo fai? Se mi fanno causa sono cazzi tuoi, io mi tiro indietro". Ebbene tutto questo secondo me è cosa assai grave da parte di un editore. Come a dire: finché mi fai guadagnare e non mi crei problemi, bene, se mi fai guadagnare e mi crei casini, i casini sono i tuoi. E' un po' una logica da impreditore a due tempi, quella della FIAT per capirci (i profitti sono i miei, i debiti dello Stato). Messa così è la dichiarazione placida di un editore che rinuncia al suo ruolo di co-autore del testo in quanto se ne assume la responsabilità ed è la negazione di qualsiasi politica editoriale come scelta. Una specie di meccanica mercantile deresponsabilizzata: so che sei uno che fa vendere, io voglio solo guadagnare, il resto non conta. La trasformazione di un editore come autore della realtà letteraria (nelle sue scelte come nei suoi rifiuti) in un mercante di etichette vuote, quello che ho già detto in passato. Un merciaio che non si cura dell'oggetto che smercia purché favorisca guadagno senza problemi.

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    1. Sono perfettamente d’accordo: da quanto riportato, la clausola è capestro vieppiù inammissibile per una perniciosa e subdola prevenzione ideologica di partenza.
      Sarebbe altresì interessante, come sottolinei alla fine del post, sapere come reagiscono i piccoli autori (spauriti, spaesati, alle prime armi) alle inevitabili revisioni o adattamenti vari richiesti dall’editore. Personalmente non mi preoccuperei (come Busi) di ritoccare parole o virgole: se ne può sempre discutere; mentre omettere delle parti o stravolgerle è qualcosa che ostacola e contrasta l’espressività, la visione concettuale, se non il libero arbitrio. So di gente che ha dovuto ingoiar rospi.

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