(Ecco un "pezzetto" che ho pubblicato su un periodico locale, forse può stimolare una riflessione)
In
un momento di crisi dei modelli standard di riferimento (della
politica, della cultura, della vita sociale, del mercato) ecco
riprendere vita l'iniziativa di chi (e sono tanti), non più
confinato nella solitudine del benessere vero o rappresentato dai
media, cerca la comunità nel disagio. Si assiste infatti alla
nascita anche di piccoli e piccolissimi movimenti di riscatto civico,
o di analoghe iniziative culturali. Per
chi da sempre – come certi artisti – si confronta col disagio, e
anzi lo cerca come condizione necessaria di rischio esistenziale,
questa crisi appare come un formidabile strumento di cambiamento.
Permane tuttavia una doppia sensazione: da un lato si colgono
nell'aria volontarismo e passione, dall'altro si percepisce il
rischio che questi sfuochino l'importanza del concetto di
competenza. La competenza nasce dall'investimento che l'individuo
compie su se stesso nel tempo, dandosi l'opportunità di imparare a
regola d'arte i fondamenti del proprio mestiere e di farne nello
stesso tempo esperienza profonda. La competenza spesso però non si
vede sulle coordinate della passione e del volontarismo in molte
lodevoli iniziative culturali. Che fare? Io avrei una modesta
proposta: ritornare ad avere fiducia nella pedagogia, nella
trasmissione del sapere, rivalutando il concetto di “bottega”.
Nella bottega si accetta lo stress e, perchè no, la sofferenza
dell'apprendimento
nel tempo lungo, tipici dell'artigianato. Solo così sarebbe
possibile incanalare con prospettive di durata e di efficacia le
iniziative prodotte dalla passione e dal volontarismo. Certo, ci
vuole anche qualcuno che questo sapere sia in grado di trasmetterlo.
Ma chi è abilitato a fornire questo tipo di trasmissione? Non certo
i grandi enti culturali, ora più che mai gravati da situazioni
economiche insostenibili, anche per colpa di gestioni spesso
dissennate. Sappiamo invece quanto la provincia italiana sia ricca di
realtà culturali di sicura e solida competenza, che dimostrano
giorno per giorno quanta esperienza, sapienza, creatività e
innovazione siano in grado di dispiegare. Se la provincia diviene il
luogo dove finalmente far emergere col dovuto rilievo realtà di
questo tipo, forse essa si potrà configurare come il luogo da cui
ripartire per un rinnovamento profondo della cultura e della società
italiana. Se lasceremo alla provincia – com'è spesso stato finora
- il ruolo di pappagallo che ripete, storpiandoli e immiserendoli, i
risultati esteriori raggiunti nei santuari della cultura e del
mercato, perderemo un'occasione preziosa.
Ottimo. Risento il formicolio di tanti pensieri che mi avevano spinto a tentare l'avventura della bottega "Atelier"! Anche con lo stesso accento posto sulla provincia:
RispondiEliminaMe ne andai
con la mia donna mano nella mano
feci più piccola
Milano...
Sì questa è stata la bussola che mi ha sempre guidato nel lavoro qui, in provincia.E poi l'idea dell'avamposto mi è sempre piaciuta. La retoguardia annoia.
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