giovedì 1 novembre 2012

L'amour (ou l'extrémité de la mort)



Ci sono film coraggiosi. Questo lo è. Ci sono film che risultano fastidiosi. Questo lo è. Noiosi. Anche. Sgradevoli, pure. D'altronde accoppiare la vecchiaia, la messa in scena di un corpo decrepito, consumato dall'età (il bagno della povera Anne oramai invalida, il cambio dei pannoloni ecc.) con la malattia degenerativa (l'ictus che prima la paralizza, poi la spoglia di qualsiasi dignità d'esistenza) è un atto sommamente impudico, sfacciato. La lentezza, tutta francese, del narrato, l'assenza di qualsivoglia orpello di supporto (musica, pur trattandosi di due musicisti in pensione), la claustrofobia di un logoro interno parigino, l'insistita ripetizione delle gestualità infermieristiche del marito Georges hanno un che di offensivo pur nella grazia accennata con cui vengono dipinti. Nessun moralismo nostalgico (due vecchi che sul punto di dividersi si raccontano ad esempio, scelta scontata e quindi accuratamente evitata). Così la scena clou, quella in cui Georges all'ennesima lamentazione autistica della moglie ("male, male") prima la carezza addolcendo la sua sofferenza con un racconto della sua infanzia e poi la soffoca con il cuscino, è l'atto di massimo amore, cui segue il suo suicidio (lasciato all'immaginazione) perché ovviamente non viene evocato sulla scena. Il collimare amore-morte è così un cerchio saldato dall'azione, non da parole vuote o da sterili riflessioni poetiche o teoretiche. La fine di una vita, il rispetto della dignità della vita stessa nel momento in cui si assegna dignità anche alla morte, a una morte rispettosa di quella dignità, ripropone il tema sulla 'giusta morte' (più che sulla 'buona morte') con una penetrante, chirurgica esattezza. Priva di clamore, di urla, di sbraiti. Ma nella precisa, scandalosa rappresentazione di una vita al suo termine, colta nella sua massima vulnerabilità e solitudine, che nulla pretende se non la conservazione di un rispetto, la possibilità di vivere anche l'estremità della morte attraverso l'estremità dell'amore; di un gesto carico d'amore verso se stessi, prima di tutto, e verso chi si è amato.

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