“Ho riunito qui tutti voi cari fratelli”,
dice il maestro,
“quelli che mungono le capre e quelli che
puliscono i bagni pubblici
quelli che portano i volumi e quelli che
lavorano in cucina
quelli che mangiano carne e quelli che bevono
acqua
i vecchi e i giovani da me convocati e quelli
che si sono ritrovati qui per caso
tutti coloro a cui ho detto la parola della
vita seduto in cerchio con voi o in disparte
quelli che giacevano ai miei piedi e quelli
che li prendevano in giro
per rivelarvi ora che mi trovo davanti all'ultima confessione
che per tutti questi anni ogni giorno ho
avuto paura della morte.
Ho aspettato la morte con terrore. In me
c’erano dolore e pena
all’idea che Dio per un attimo sarebbe uscito
da ma affinché potessi morire.
In me c’era la paura che non tornasse. Che
sarei rimasto solo
sprofondato nelle acque della morte con la
lingua rattrappita.
Anche oggi il buio mi riempie. La mia mente è
incerta
come il mio corpo. Tremo dentro. E non appena
inizio a pregare
sento le voci: «Mortale! Mortale!». E il dio
nero della morte esulta
sapendo che non è la dannazione che temo. No,
è solo la morte in sé”.
Per un momento si fece silenzio poi si alzò
il più anziano
dei confratelli del secondo coro e baciò il
maestro
sulle labbra. Poi disse: “Già da tempo tutti
noi sapevamo
che tu temi la morte. Che ami molto la vita
che osservi
dalle mura le facce le spalle e le gambe
delle fanciulle e dei fanciulli
che le grida dei bambini il nostro
andirivieni la musica
le dispute e il vino ti sono cari e che per
amore sei tenero e debole.
Sapevamo anche che se ti avessero tolto la
vista l’udito
il gusto e il senso dell’olfatto tu ti
saresti tolto la vita
anche se temi così tanto la morte.
Veglieremo su di te e non bruceremo il tuo
corpo.
Invocheremo Dio e adempiremo ai riti.
Se tu avessi avuto in odio il mondo non ti
avremmo seguito.
E invece siamo qui e ci resteremo
finché sulla terra non si asciugherà l’ultima
goccia del tuo amore”. Poi tacque
e baciò ancora una volta il maestro. E fece
un segno con la mano.
E i confratelli si dispersero. Ognuno verso
le proprie faccende.
Wojciech Bonowicz, "Mare Aperto", Incerti editori, 2012 (tr. Leonardo Masi)
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