Per questo c'è poi da ammirare anche il verso successivo, senza dimenticare che è il terzo a svelare di che cosa si parla, inserendo poi con delicatezza un'ultima annotazione sibillina, che evita che questa poesia-cristallo sia vuota, sia pura delicatezza: l'idillio si vena sottilmente, la chiarezza si opacizza, il fiato disteso dell'endecasillabo viene troncato con un settenario che ci infila di soppiatto nei polmoni una piccola spina, di cui non sentiamo ancora la puntura. AT
Forse un po’ fuori luogo per l’occasione natalizia che ci vorrebbe tutti “più buoni”, ahimè riporto solo qualche mia flebile impressione, scaturita di getto d’altronde. A prescindere dalla lettura estetica, quel settenario di chiusura un po’ mi inquieta. Mi interrogo sulle possibili cause: può la mancanza di lacrime esprimere un disagio maggiore di un pianto manifesto? Si può resistere a un dolore inespresso? Tanti e tali potrebbero essere i motivi di simili esternazioni. Vorrei andar oltre, approfondire, svelare l’arcano. Casualmente ricado su altri versi, questi:
SARÀ LA NOIA
dei giorni lunghi e torridi ma oggi la piccola Laura è fastidiosa proprio. Smettila – dico – se no... con repressa ferocia torcendole piano il braccino.
Non mi fai male non mi fai male, mi sfida in cantilena guardandomi da sotto in su petulante ma già in punta di lagrime, non piango nemmeno vedi.
Vedo. Ma è l’angelo nero dello sterminio quello che adesso vedo lucente nelle sue bardature di morte e a lui rivolto in estasi il bambinetto ebreo invitandolo al gioco del massacro.
In cui ritrovo il pianto asciutto di un genere umano che ha sgorgato ormai tutte le sue lacrime.
Certo, quella poesia richiamava questa, più famosa, ma quel non piangere, appunto, non si risolve in quell'essere "in punta di lagrime" della bambina petulante, che nel frattempo si immagina cresciuta: resta l'ombra terribile di una storia privata e della Storia che continua a procedere...
Penso che il primo verso sia di una bellezza splendente e immodificabile.
RispondiEliminaPer questo c'è poi da ammirare anche il verso successivo, senza dimenticare che è il terzo a svelare di che cosa si parla, inserendo poi con delicatezza un'ultima annotazione sibillina, che evita che questa poesia-cristallo sia vuota, sia pura delicatezza: l'idillio si vena sottilmente, la chiarezza si opacizza, il fiato disteso dell'endecasillabo viene troncato con un settenario che ci infila di soppiatto nei polmoni una piccola spina, di cui non sentiamo ancora la puntura.
RispondiEliminaAT
Forse un po’ fuori luogo per l’occasione natalizia che ci vorrebbe tutti “più buoni”, ahimè riporto solo qualche mia flebile impressione, scaturita di getto d’altronde.
RispondiEliminaA prescindere dalla lettura estetica, quel settenario di chiusura un po’ mi inquieta. Mi interrogo sulle possibili cause: può la mancanza di lacrime esprimere un disagio maggiore di un pianto manifesto? Si può resistere a un dolore inespresso? Tanti e tali potrebbero essere i motivi di simili esternazioni.
Vorrei andar oltre, approfondire, svelare l’arcano.
Casualmente ricado su altri versi, questi:
SARÀ LA NOIA
dei giorni lunghi e torridi
ma oggi la piccola
Laura è fastidiosa proprio.
Smettila – dico – se no...
con repressa ferocia
torcendole piano il braccino.
Non mi fai male non mi fai
male, mi sfida in cantilena
guardandomi da sotto in su
petulante ma già
in punta di lagrime,
non piango nemmeno vedi.
Vedo. Ma è l’angelo
nero dello sterminio
quello che adesso vedo
lucente nelle sue bardature
di morte
e a lui rivolto in estasi
il bambinetto ebreo
invitandolo al gioco
del massacro.
In cui ritrovo il pianto asciutto di un genere umano che ha sgorgato ormai tutte le sue lacrime.
Certo, quella poesia richiamava questa, più famosa, ma quel non piangere, appunto, non si risolve in quell'essere "in punta di lagrime" della bambina petulante, che nel frattempo si immagina cresciuta: resta l'ombra terribile di una storia privata e della Storia che continua a procedere...
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