Un
quotidiano nazionale ha riportato recentemente la notizia della
condanna a 14 anni di carcere del professor Giuliano Soria, padre del
Premio Grinzane-Cavour. Trattandosi di un personaggio che si è
occupato di organizzazione culturale, leggere che gli è stata
inflitta una condanna così pesante per reati collegati (ma non solo)
alla sua professione colpisce e induce ad alcune riflessioni. Soria è
un signore che ha ampiamente “giocato” (uso un verbo soft) con i
soldi pubblici: in 4 anni e 7 mesi più di 19 milioni di euro
stanziati dalla sola Regione Piemonte “senza bisogno di
rendicontazione”. Di quei 19, 4 sono stati utilizzati per fini
personali (ristrutturazione di case prestigiose a Torino, Parigi,
Ospedaletti; spese “pazze” di vario genere). Già questo fatto
sbigottisce chi, affannandosi a organizzare iniziative culturali di
vario genere deve – e giustamente – fornire documentazione e
giustificazione anche per il caffè offerto il giorno dello
spettacolo all'artista ospite. All'epoca dell'arresto del professore
una delle domande che più si sentivano girare nell'aria poteva
essere formulata all'incirca così: “ma quanti Soria esistono di
cui non si sa nulla?”. Domanda stimolante, ma che dovrà rimanere
senza risposta, almeno qui, come senza risposta erano rimaste, per
anni, le prevedibili domande sui budget stellari del magnate del
premio piemontese, finché il suo domestico filippino, mai dichiarato
al fisco, maltrattato moralmente e sessualmente, costretto a turni di
lavoro di 16 ore, decise di rendere nota alla Polizia la propria
situazione. Ho avuto modo di organizzare un intrattenimento teatrale
per il Premio l'anno prima che scoppiasse il caso, e non posso
dimenticare tanto facilmente la mia delusione quando, nel bel mezzo
della ricca cena, deciso a provocare una reazione vera nell'uditorio,
piazzai lì, ben scandita, una frase di Mario Soldati - mica un
estremista rivoluzionario - dotata però di un certo qual
pungiglione: “e basta parlare di Cultura! Cultura sa di deretano.
Meglio usare la parola Civiltà!”. Un po' ingenuamente avevo
calcolato di suscitare quantomeno un silenzio imbarazzato, invece
scoppiò un applauso unanime; primo fra tutti Soria si distingueva
tra il folto del tavolame. All'uscita del ristorante fu sempre lui a
lanciarmi un “bravo!” prima di
scomparire.
La domanda sorge spontanea: a quale Civiltà appartiene Soria?
(pubblicato sul periodico Ecorisveglio)
Neppure tanta sagacia bastò a smascherare la latente corruttela. Sebbene allibire cotanta platea possa dare qualche soddisfazione: guarda che facce! Di bronzo sennò.
RispondiEliminaCosì, trattandosi di convivio, ecco che rinviene la ben nota “società dei magnaccioni” e, per metterla in caciara, non lesino di cantare a squarciagola: "È mejo er vino de li Castelli che questa zozza società".
Scusa il tono gioviale, lo so, son tempi bui.