"L'ultima pièce brechtiana, Turandot ovvero Il Congresso degli Imbiancatori, tratta dell'asservimento degli intellettuali senza più capo né coda: cioè dei Tellett-Ual-In, dei T-U-I".
"(...) Le gentildonne molieriane infoiate per i concetti e la bizzarria dei versi barocchi erano simili a Turandot; e il molieriano Trissotin, poeta-mercenario che si esibisce nel salotto delle Intellettuali per conquistare la mano della ricca Henriette, era già portatore del virus tuista. In fondo, tutti i vuoti verseggiatori e i pedanti vanesi e gli impostori camuffati del gran teatro molieriano erano già dei Tui, fabbricatori di mondi rapaci e di verità di comodo negli interstizi del potere costituito. Il loro modo di pavoneggiarsi, di infiorare l'infamia, di offrirsi al riso del pubblico senza mai perdere la loro protervia, come grotteschi animali impagliati, ovvero il loro incarnare in ogni situazione la lunga durata del vizio intellettuale, questa loro consustanzialità con il trucco, con il quiproquo, con lo stratagemma scenico, tutto ciò dovette essere ben presente al Brecht che andava delineando la patologia dei suoi Tui".
"(...) Un motivo del Misantropo, in particolare, fa pensare alle Elegie di Buckow e alla Turandot (si parla ancora di Brecht, N.d. R.): la scelta di non esserci. Il misantropo Alceste, disgustato dall'immorale consorteria con cui si trova a vivere, alla fine va via, abbandona fisicamente la commedia degli intellettuali. E la sua uscita non promette niente al pubblico. Non ha niente di paragonabile con le grandi uscite drammatiche, come quella di Nora che corre incontro alla vita sociale, o come quella degli infelici dei quali si sa - per convenzione teatrale - che si suicideranno. Alceste sceglie semplicemente di non esserci (...). Dunque, il non esserci fu anche il punto di vista dell'autore di Turandot, commedia in cui l'assenza è rappresentata come la condizione dei giusti".
(Claudio Meldolesi, Laura Olivi, Brecht regista. Memorie dal Berliner Ensemble, Bologna, Il Mulino, 1989)
mercoledì 5 giugno 2013
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