Oggi vado alla conferenza stampa al Teatro dell'Arte per la ri-fondazione del CRT, defunto per pesi economici lo scorso anno. Parlo con Silvio Castiglioni, visibilmente affranto, perché non solo il destino di una piccola, ultraperiferica sala, quella storica del CRT di via Dini, probabilmente sarà abbandonata al suo destino con un modesto residuo di debiti, ma slegata, pare, dalla rifondazione che non la coinvolge, non solo perché l'annoso contenzioso con la Triennale per il possesso del Teatro dell'Arte - fra parentesi, una delle più belle sale che abbia mai visto, qualcosa che mi ha ricordato, con forme e misure assai diverse quella meraviglia, una vera piazza d'arme, del Teatro Vascello sul Gianicolo -, ha di fatto transitato il teatro nelle mani della Triennale, ma anche perché il suo ruolo al momento è incerto, e lui oltre che un grande professionista è anche una gran bella persona (non se ne lagna, il suo percorso proseguirà nel caso nella sua sede originale, in Romagna). Ascolto: cose devo dire interessanti, alcune suggestive. Nascerà per un anno, e poi si vedrà, una sperimentazione che con il concorso del Comune, del FUS, della neonata Fondazione, che ha accorpato l'altro ramo del CRT, quello del CRT- Teatro dell'Artificio di Franco Laera, e della Triennale, darà vita a una nuova forma che vuole superare la storia "novecentesca" del CRT, non solo nella commistione degli stili (cinema,video, architettura, teatro, danza, design, musica), ma anche in una dimensione di internazionalità, sostenibilità economica e primazia della gioventù creativa e ingegnosa (parole dell'assessore Del Corno; sacrosante aggiungo). In quest'ottica, e non potrebbe essere diversamente, non esisterà più un dominus nella figura del direttore artistico, ma una serie di curatori d'area. Mi sono sentito molto un pesce fuor d'acqua, ammetto: a me il teatro piace poco contaminato da video, installazioni, performance, cose non così nuove, credo. Mi piace un teatro di storie, di parola, di attore di carne e sudore e sangue, se il caso. Però, passatismo mio a parte, la cosa mi intriga. E' di certo un'esperienza di frontiera e come tale va accolta con favore, al di là della naturale sofferenza per una storia nata nel 1974, tutta novecentesca dunque, e conclusasi forse per fisiologico esaurimento. Che questo sia stato il modo migliore per uscire dall'impasse, non è detto; l'unico escogitato per salvare una storia, di certo, come mi dice anche Silvio, a cui va il merito, riconosciuto anche dai relatori, di essersi speso per un anno e mezzo con tutte le sue forze in una situazione drammatica di crisi, generale e del CRT, in particolare.
Vi segnalo, per chi fosse interessato e potesse, che ci sarà una sorta di anteprima a luglio non del cartellone (termine di suo inadatto) ma di eventi perfomativi con due artisti stranieri (uno giapponese e uno indonesiano) sopra lo splendore del palcoscenico.
Le date sono: dal
a) 4-6 luglio 20.30-22.30 (con l'artista giapponese, più Paolo Rossa e il gruppo Opera di Vincenzo Schino)
b) 9-11 luglio 20.30-22.30 (con il musicista indonesiano e gli altri già citati)
Eh già... Silvio me l'aveva raccontato... che tristezza... ma anche che bellezza se qualcosa rinasce! Senza soldi è più facile rinascere per un teatro. Con troppi soldi si muore ogni giorno un po' di più. Anch'io preferisco l'attore di carne e sudore (di sangue anche, ma senza fuoriuscite)
RispondiElimina