Io, che ho letto La vita oscena, a me è sempre
interessato molto quello che scrive Antonio Centanin (A.C.). Anche quando dice
che io non ero io, e che allora si firma Antonello Satta Centanin, o anche per
esempio Aldo Nove, che è un nome semplice che nasce da un calcolo matematico
che io non lo sapevo, questo, ma la si trova facilmente su Google, la
spiegazione, è particolare. E mi sono interessato sempre al signor A.C. per
tanti motivi che adesso li elenco e che sono:
- che è di Viggiù (provincia di Varese, come me), dove che, c’è un bel museo, anzi una gipsoteca che io ho visitato, e nei paraggi di dove cercò di salvarsi in Svizzera la signora Liliana Segre, che io ammiro moltissimo per quello che ha sofferto e perché mi ha fatto capire com’è importante essere papà di due bambine;
- che ha scritto tanti bei libri di poesia e, come diceva un mio amico che non vedo da tanto, che Musica per streghe, per esempio, è fantastico sul serio (ma la mia preferita è una poesia dove che si parla di voler essere cavalieri e non portatori di borse della spesa, quella è fantastica: ma non ricordo il titolo) ;
- che un giorno quando ero giovane, io, avevo mandato delle poesie non ricordo quali al mensile Poesia (si trova anche in edicola, ha grande tiratura) e lui mi aveva telefonato per dirmi che gli piacevano; io non sapevo che era Aldo Nove la stessa persona di Antonello Satta Centanin, ma quel complimento mi fece davvero piacere.
Seguo A.C. da tanto e sono un suo lettore abbastanza affezionato, e so
che questo mi impedisce di essere oggettivo e freddo nel giudizio, ma dico che
ad anni quaranta di età e segno del toro, posso permettermi di scrivere anche
così, imitando la sua scrittura di quel libro edito da Castelvecchi tanto tempo
fa, lui non si arrabbierà, e farmi trasportare dalle emozioni, che lo aveva già
detto Zucchero nella canzone Con le mani, anche perché La vita oscena è
un romanzo autobiografico, è vero.
Perciò ci tengo a dire che La vita oscena è secondo
me davvero toccante (lo so non è una categoria dei critici, ma io non lo sono,
infatti, quindi). Comincia con una fine, perché la prima frase è che il padre
di A.C. morì all’improvviso, e poi dopo morì anche la madre, e il figlio
divenne alcolizzato, e poi incendiò accidentalmente la casa (mia moglie, 37
anni, psicologa, dice potrebbe essere un atto mancato come quelli che fa Zeno
nel famoso romanzo, ma io le dico mi fa paura la psicoanalisi non voglio finire
come Gregory Peck in quel film), e poi diventò dipendente dalla pornografia e
dalla cocaina come forme di autodistruzione, ma poi alla fine c’è un
incredibile inizio, pieno di inaspettato ossigeno, di elettricità, pieno di
animo generoso, che secondo me è la qualità che deve avere uno scrittore (cioè:
la generosità). La vita oscena è un libro che parla soprattutto del male
e di come esso accompagna la vita e la morte, infatti A.C. a lui gli viene in
mente quel verso del poeta Giuseppe Ungaretti che la morte si sconta vivendo. È
un male privato, di lui come persona, un fuoco che lo brucia in una terribile
solitudine. Infatti non c’è coralità (parola che ho trovato sul dizionario
Treccani): lo dice che le cose accadono nell’indifferenza di tutti, e questo
secondo me lo avvicina molto a Gesù Cristo, e anche a Maria, che in effetti lui
ne fa un ritratto fantastico in un libro di poesia che si intitola come lei (ma
io non voglio cristianizzare A.C. per forza, come facevano certi professori in
Cattolica che vedevano convertiti ovunque). Lui è talmente solo che non è
nemmeno con sé, perché dice che io non ero io.
Io, se per esempio Covers per me è stata una
parentesi infelice, invece gli altri libri puntano dritto a quest’ultimo,
perché A.C. mette sempre in relazione la sua vicenda con quella dell’universo
che gira intorno per uscire da questa solitudine, forse, lo si capisce bene in A
schemi di costellazioni, per esempio. E anche perché La vita oscena
è il libro che riesce a mischiare benissimo lo stile del narratore con quello
del poeta, una cosa che gli era riuscita a tratti solo nella Più grande
balena morta della Lombardia (mio fratello Paolo se la ricorda anche lui,
nel piazzale del traghetto di Laveno sarà la stessa?). Adesso non so quali
strade prenderà A.C. perché mi sembra che come per l’Inter del triplete sia
finito un ciclo, tanto per dire. Secondo il mio parere, io dico che cambierà
completamente registro stilistico. Ma magari forse mi sbaglio chi lo sa. Io
aspetto il suo nuovo libro, comunque. Tanta vita, caro scrittore A.C.!
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RispondiEliminaGrazie per la dritta su "Musica per streghe", Riccardo!
RispondiElimina(E vergognati per aver surrettiziamente infilato l'Inter nel post).