venerdì 27 settembre 2013

PROUSTIANA (9)

Proust, All'ombra delle fanciulle in fiore (Nomi di paesi: il paese), ed. I Meridiani, vol.1, p.1127

[si conclude questo primo dittico; e dici "voglio sapere altro" non per sapere fatti, ma risentire questa voce. E' un dittico in fondo sereno; dentro, nella prima metà, c'è spazio per quella scena crudelissima, due paginette feroci, del lesbismo sadico della signorina Vinteuil e uniche le due epifanie maschili durante il soggiorno a Balbec: una solare, Robert de Saint Loup, e una lunare, il barone de Charlus. E siccome nessun lettore di Proust lo affronta da lettore vergine, sai che arriverà altro e lo aspetti. E dici: 1152 pagine di dissimulazione amorosa per quanto attiene la trama, ovvio. E dentro il cuore vero, un cuore di meraviglie saggistiche: un interminabile saggio sull'amore, sull'arte, sulla psicologia. Questa che segue è la sequenza del bacio fallito sulla guancia ad Albertine: i vent'anni, loro unici a potersi riconoscere in quell'estasi panica, immortale, perché immorale, senza regola e rimpianto]

Se la morte m'avesse colto in quell'attimo, mi sarebbe sembrata indifferente o piuttosto impossibile, giacché la vita non era fuori di me, era in me; avrei sorriso di compatimento se un filosofo avesse opinato che un giorno, anche lontano, avrei dovuto morire, che le forze eterne della natura - quella natura sotto i cui piedi divini io ero un semplice granello di polvere - mi sarebbero sopravvissute; che dopo di me ci sarebbero stati ancora quegli scogli, tondeggianti e ricurvi, quel mare, quel chiaro di luna, quel cielo! Com'era possibile, come poteva il mondo durare più di me, dal momento che non io mi perdevo nel mondo, ma il mondo era compreso in me, in me che era ben lungi dal riempire, in me dove io stesso, sentendovi ancora spazio per ammassare tanti altri tesori, gettavo sdegnosamente in un angolo cielo, mare e scogli?

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