domenica 29 luglio 2012

Ancora su Galiazzo

Guarda un po' come succedono le cose: Edo giorni fa scrive qui sul blog un post su Matteo Galiazzo, io scopro di avere nella mia libreria "Gioventù cannibale", poi l'altro giorno vado dal mio libraio preferito per tutt'altro motivo, vedo una prima edizione di “Una particolare forma di anestesia chiamata morte” (Einaudi 1997), compro il libro, lo leggo, quindi leggo un paio di interviste on line di Galiazzo e penso.
Penso che non mi interessa sapere quanto sia autentico il suo tono blasé (se davvero credesse così poco nella letteratura, perché a suo tempo - sarebbe da chiedergli - è stato tra gli animatori di “Maltese narrazioni”? Non per arricchirsi, suppongo).
Mi faccio - tuttavia – un’idea positiva di Galiazzo: quella di un uomo simpatico e geniale, egocentrico, ipocondriaco e forse un tantino pedante. Poi ha amato "Gödel Escher Bach", libro che anch'io ho ammirato (ecco, ammirato più che amato); peraltro - per motivi casuali - la scorsa estate ho conosciuto Giuseppe Trautteur, il curatore dell'edizione italiana.
Ma sto divagando.
"Una particolare forma di anestesia chiamata morte" raccoglie otto racconti che sono otto prove di stile e di immaginazione.
È un libro disuguale, che non mi ha convinto soprattutto nelle gratuite esibizioni di perizia scrittoria (mi riferisco per esempio al calco del vocabolario marinaresco nel racconto “Acqua”).
Invece funzionano, e assai bene, i racconti in cui è un’immaginazione impavida (ma non tesa a produrre effetti di stupefazione fine a se stessi) a muovere la pagina. Esemplari, in questo senso, i due racconti che aprono e chiudono la raccolta.
“Annunciazione con Madonna e Angelo” narra la vicenda di un tizio che scrive cinquanta lettere d’amore a un transessuale, senza mai ricevere un rigo in risposta; una di queste lettere finirà per sbaglio nelle mani di un editore, che ne rimarrà colpito e chiederà all’autore di fargli leggere altro; il protagonista si metterà quindi alla ricerca delle restanti quarantanove lettere…
In “Apocalisse di Calimero”, alcuni strampalati angeli scendono sulla Terra per guarirla da tutti i mali linguistici che la affliggono. Parole e locuzioni vacue e cervellotiche evaporeranno, e nel frattempo una buffa - e a suo modo tenera - storia d’amore tra uno di questi angeli e un venditore di ombrelli sembra avere inizio…
Ogni tanto mi domando che meraviglie ci regalerebbero i narratori di talento (e Matteo Galiazzo appartiene alla categoria) se usassero solo le parole necessarie, rifiutando ogni minima concessione all’accademia.

(Sì, ultimamente batto sempre su questo tasto).

p.s.
Comunque comprerò la nuova raccolta di racconti di Galiazzo, “Sinapsi. Opere postume di autore ancora in vita” (Indiana, 2012).

1 commento:

  1. Ottimo, grazie per l'intervento. Una volta letto Sinapsi (e qualcos'altro, se lo trovo) ne riparliamo. Magari ne nasce qualcosa di furbo per la rivista.

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