giovedì 2 agosto 2012

Santarcangelo dei Teatri 42: se il teatro non è in piazza dov'è?


Santarcangelo dei Teatri, che ha inaugurato il 13 luglio l'edizione n. 42, è il festival teatrale di ricerca più longevo d'Italia. Nacque nel 1971 come festival del “teatro in piazza” quando teatro in piazza non significava più (e non ancora – perchè i vecchi vizi tornano con più forza delle antiche virtù), montare l'equivalente di un intero teatro all'italiana all'aperto, e il concetto di “piazza” insisteva più su un'idea di centralità fisica e di anima di quel luogo, così tipico delle nostre città, nella vita dei cittadini; e dunque teatro in piazza voleva dire teatro nel cuore della polis, teatro che si interroga sul presente, che si fa presente, che interroga la contemporaneità, la sfida, la critica, la sbeffeggia, la dialettizza. In quegli anni l'orribile termine “location” non aveva ancora preso piede a significare luoghi che non hanno anima se non per fungere da cornice ad un “evento” (altra parola sfigurata dalla prassi linguistica di questi ultimi anni), inaugurando il vizio mentale di sostituire la sostanza con la confezione, il progetto artistico con la compilation, l'identità culturale che si basa sulla differenza con l'imperante mainstream del marketing territoriale dove si diluiscono le differenze in nome dell'appetibilità turistica. Oggi lo slogan “piccolo è bello” che fonda da sempre il primato artigianale dell'impresa culturale è zittito a gran voce da quell'altro che proclama il primato inviolabile della visibilità massmediatica. Del resto, i festival teatrali in Italia prima di Santarcangelo, tranne qualche rara eccezione, erano luoghi dove si estenuava - in una dimensione vacanziera e vagamente disimpegnata - la macchina da guerra delle stagioni teatrali, specchio dell'egemonia culturale che ormai i Teatri Stabili italiani in fase di normalizzazione avevano saldamente istituito, benché nati in ben altra temperie culturale, e cioè nell'effervescenza del secondo dopoguerra, dal pragmatismo visionario di un Paolo Grassi. Santarcangelo poneva al centro la piazza non come “location” ma come luogo dove far nascere teatro, dotandolo di una vita più prossima alla società di quanto non avvenisse nelle sale vellutate e oscure dei teatri cittadini. Nasceva fuori dalle aree metropolitane, in provincia, quel festival, con una vocazione alla separatezza creativa che non era solo polemica nei confronti del teatro istituzionale, ma concreta dimensione del fare, politica perché calata nella vita. Le “mani nella terra” di un nuovo teatro che ripensasse le relazioni umane prima ancora che lo spettacolo.

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