venerdì 2 novembre 2012

Ferrante, l'inizio

"Mia madre annegò la notte del 23 maggio, giorno del mio compleanno, nel tratto di mare di fronte alla località che chiamano Spaccavento, a pochi chilometri da Minturno. Proprio in quella zona, alla fine degli anni Cinquanta, quando mio padre viveva ancora con noi, d'estate affittavamo una stanza in una casa contadina e trascorrevamo il mese di luglio dormendo in cinque dentro pochi roventi metri quadri. Ogni mattina noi bambine bevevamo l'uovo fresco, tagliavamo verso il mare tra canne alte per sentieri di terra e di sabbia e andavamo a fare il bagno. La notte in cui mia madre morì la proprietaria di quella casa, che si chiamava Rosa e aveva ormai più di settant'anni, sentì bussare alla porta ma non aprì per paura dei ladri e degli assassini."

Questo è il primo capoverso de "L'amore molesto", libro d'esordio di Elena Ferrante (uscì nel 1992). Finora ne ho lette quindici pagine appena, perciò del libro non parlo.
Cosa c'è che mi attrae, nella prosa della Ferrante? C'è che ogni frase - fateci caso - porta con sé un'immagine o un'informazione sempre forte, che nel contempo si somma a quella precedente (a quelle precedenti) ma pure, nella sua perentorietà, la (le) sostituisce. Avete notato quante cose già intravediamo, in pochissime righe? Intravediamo però, non scopriamo: è come guardare da lontano o da dietro un vetro opaco. E poi ci sono quelle parole magiche, messe lì con studiatissima finta noncuranza, che accendono la frase, la rendono assieme ipersignificante e scalena: "chiamano", "proprio", "roventi", "alte", "ormai".
Mi si dice che il suo ultimo libro, "Storia del nuovo cognome", non sia un libro riuscito. L'ho lì, nella pila delle cose da leggere, assieme a "La figlia oscura".
Piano piano leggerò tutto di questa scrittrice misteriosa e - a prescindere dal giudizio di valore che se ne voglia dare - unica.

20 commenti:

  1. Caro Claudio, quando avrai letto o maturato meglio un giudizio, o quanto meno un'impressione fondata, attendo un resoconto. Se c'è qualcosa di nutriente, trasmetti(me)lo, in letteratura ci si nutre anche per via indiretta, sentendo gli altri descrivere le loro pietanze. O, se ne maturerò la necessità, vedrò di procacciarmi lo stesso cibo...

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  2. Misteriosa sì, eccome....magari misteriosi: si dice sia Starnone o addirittura Starnone e consorte in un connubio assai fascinoso.

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  3. Adoro gli scrittori misteriosi. Magari sarebbe anche questo un bel tema per la rivista no? Io mi prenoterei per J.A. Baker...

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  4. Si dicono tante cose, caro D. L.
    Ti invito a leggere un qualunque libro di Starnone e un qualunque libro della Ferrante per verificare le differenze di stile, d'immaginazione, mi verrebbe da dire di statura morale ma non lo dico.
    Non alimentiamo polemiche pretestuose, eddai.

    Caro A. T., posso provare.

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  5. Caro Claudio, nessuna polemica pretestuosa. La cosa è risaputa da tempo (certe cose prima o poi trapelano anche dietro il più stretto riserbo editoriale). In primo luogo che 'Elena Ferrante' sia uno pseudonimo (e neppure lo sforzo di un eteronimo) è chiaro a tutti, dal momento che mai si è palesata e che l'accesso al successo nella conservazione dell'anonimato è sempre stato appannaggio di autori già famosi. In passato si fece il nome di Goffredo Fofi, poi emerse Starnone anche per sua implicita ammissione. Si lasciò scappare in un'intervista che il nome 'Elena Ferrante' gli era piaciuto perché l'aveva letto sul tesserino di una commessa della Feltrinelli di Napoli e da lì si era chiesto cosa facesse quando tornava a casa ecc. Inoltre tra l'anno scorso e quest'anno sono usciti diversi articoli di giornale che mettono a confronto interi passaggi dell'opera della Ferrante e di Starnone con assolute identità non solo nella cifra stilistica, ma persino nei luoghi narrativi evocati sulla pagina. Lo stesso Starnone mai lo ha negato a domanda esplicita. La possibilità dell'ausilio della consorte, che dà il tocco femminile alla cosa, è avvalorato dal fatto che svolge professione di editor e tra l'altro, se non ricordo male, proprio nella casa editrice dove esordì la Ferrante. D'altronde l'operazione di Starnone è un'operazione assai intelligente: quella di creare in un'epoca mediatica e ipercomunicativa come la nostra lo scrittore famoso anonimo...la cosa più difficile al mondo.

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  6. E Umberto Eco è Wu Ming.
    E Higgins è Robin Masters (questa è per palati fini).
    Resta la mia domanda: tu hai letto, caro D. L., almeno un libro di Elena Ferrante e uno di Domenico Starnone?
    Io sì. E se ho ancora un minimo di sensibilità, mi oppongo con tutte le mie forze all'ipotesi che tra i due ci sia identità. Con o senza interventi della di lui moglie.

    (E se proprio si vuole giocare agli investigatori, faccio notare che gli articoli più seri sulla questione mettono semmai in luce alcune penose scopiazzature di Starnone ai danni della Ferrante).

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    1. Caro Claudio, non vedo perché t'inalberi. Io non ho letto né l'uno né l'altro, ma che Elena Ferrante non esista, sia cioè pseudonimo di altro è evidente. L'idea che in qualunque intervista sottolinei con pervicacia la centralità dell'opera sull'autore che la pubblica lascia intendere che dietro vi sia un qualche autore già quotato che esercita il suo talento mimetico. Che lui abbia scopiazzato la Ferrante è possibile: chi avrebbe copiato chi? La Ferrante copiata da Starnone che l'avrebbe creata con ausilio femminile oppure un Goffredo Fofi che lancia nel satellite un personaggio di donna della Napoli che sia lui che Starnone conoscono assai bene? L'ostinata tenacia poi dell'editore a far rilasciare interviste dove E.F. ribadisce sempre che non appare perché l'opera conta soltanto gioca ancora a favore di questo. Poi: un conto è uno Starnone edito (ciò che ha dato alle stampe) e un conto è il fatto che uno scrittore possa travestirsi da altro e usare una penna diversa e opposta e per farlo usi una maschera. Quando uno scrittore ricorre a una 'maschera' non è detto che lo faccia solo per non farsi riconoscere; magari anche per scrivere cose che nella sua veste ufficiale non vuole scrivere. E che se ci si attiene solo all'edito non potrebbe o saprebbe scrivere. Lo pseudonimo non serve solo a proseguire la scrittura nelle medesime forme; anzi se si tratta del duo Starnone-consorte si tratterebbe di un'etichetta nuova e pertanto di nuova identità di scrittura. Capisco che è meravigliosa cosa l'immagine di una scrittrice famosa che resta nell'oscuro in un'epoca come questa, ma non dimentichiamo quanto tutto questo solletichi gli appetiti degli editori, che sono disposti a giocare con gli autori su questo versante (e di certo la E.F. accresce la sua popolarità proprio in virtù di questo, indipendentemente dalla qualità della sua opera)

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  7. Ma no, non mi inalbero (e perdona se così è sembrato), e neppure nego che Elena Ferrante possa essere lo pseudonimo di qualcun altro.
    Ma non di Domenico Starnone, per carità.

    Dico meglio: se Starnone riuscisse davvero a scrivere da Starnone e poi da Ferrante, sarebbe il più grande talento letterario dai tempi di Giacomo Leopardi.

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    1. Considera solo due cose (messe in luce in vari articoli su "La Stampa" sia da Baudino che da Luigi Gallega, insegnante e collaboratore dell'Unità che ha messo a confronto Via Gemito e L'amore molesto con identità financo lessicali, oltre che nell'immagine del padre di Elena uguale a quello di Starnone): la moglie di Starnone - Anita Raja - è traduttrice dal tedesco e curatrice (credo ancora a tutt'oggi) della collana dell'e/o dove esordì la Ferrante nel 1992 e dove - due anni prima - pubblicò pure il marito; unica sua presenza presso la piccola casa editrice romana. Lo stesso Luigi Gallega intervistò Starnone che infastidito rispose (era il 2005, forse) che sì, vabbè, li ho scritti io questi romanzi, va bene? Tal Gallega si disse essere insegnante in un tecnico di Ostia, sceneggiatore di cinema, curatore di una rubrica su l'Unità (cose che coincidono con la biografia di Starnone, guarda caso). Si è cercato in tutti gli istituti di Ostia (non sono tanti, io li conosco): non esiste nessun Gallega insegnante. Altra coincidenza? O gioco degli specchi?

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  8. Caro D. L., cosa vuoi che ti dica.
    Se non quello che ho scritto più su: io ho letto l'uno e l'altra, e a mio parere ci sono tante possibilità che Domenico Starnone sia Elena Ferrante, quante ce ne sono che Michele Mari sia Paolo Giordano.

    (Perbacco: Mari e Giordano non si sono mai visti assieme!)

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    1. Be', c'è anche uno studio serio dell'università "La Sapienza" che mette a confronto i due romanzi di cui sopra con assolute coincidenze. Che Starnone -(Anita Raja?) e l'e/o tengano la posizione è comprensibile: le ragioni di un successo risiedono anche in questa ostinata latitanza che svelata perderebbe di fascinazione (commerciale in primis). E poi lo sdoppiamento schizofrenico è così tanto narrativo...

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  9. Io dico sempre: un grande scrittore è sicuramente capace di scrivere anche male. Però ho molti dubbi sulla situazione inversa. I tempi però sono grami, per cui consiglierei a chiunque di vendere un buon giallaccio per poter poi coltivare la sua grande opera, se ovviamente è in grado di farlo. E se la popolarità di Starnone facesse comodo alla di lui consorte? Una volta Elsa Morante era la moglie di Moravia, a me pare che oggi sia Moravia a essere il marito della Morante...
    Io comunque non ho letto né l'uno né l'altra, ma l'atteggiamento di Claudio mi piace. Poi magari sbaglia, per carità. Ma so che anche allo sgamato DL, malgrado il fascino del gioco delle maschere, questo senso della pagina-voce dell'autore piace, non è vero?

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  10. Be', detto fra noi, non che la faccenduola mi ecciti più di tanto; credo più alla premiata ditta Starnone-Raja anche in relazione al fatto che uno Starnone che copi un romanzo di successo pubblicato dalla moglie sarebbe alquanto esilarante (oltre che stupido). In più la Raja, caso fortuito si dirà, è la traduttrice di Christa Wolf in Italia, a cominciare dal cult della letteratura femminile fra anni '80 e '90: "Cassandra". Quindi conosce bene il segmento, quello delle lettrici forti per eccellenza. Come spesso avviene da un caso letterario (inatteso?) si è generata la possibilità di costruirci sopra un evento letterario-editoriale (in quest'ordine per fortuna, rispetto a tanto disordine opposto). E questo incidere sulla pagina-voce, come la chiami tu Marco, è direi interessante almeno a confronto di tanto personalismo di pagina-autore o pagina-personaggio. Di gran lunga più efficace. Proprio perché è il risultato che conta, quella pagina e non l'etichetta nominativa che l'ha generata. Aggiungo: una letteratura di coppia non fa male a nessuno dei due e favorisce entrambi. Se consideriamo il successo arriso al marchio Ferrante questo basta a far sì che la e/o difenda col coltello fra i denti la sua creatura. Immaginiamo che salti fuori il vero nome (chiunque sia) quanto venderebbe rispetto a oggi?

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  11. (Però insomma, continuare a dar credito all'ipotesi dell'identità Starnone-Ferrante senza aver letto nulla nè dell'uno nè dell'altra, è proprio un atteggiamento bizzarro, eh.
    Sicuro, D. L., che quando nel mio primo commento invitavo a non alimentare polemiche pretestuose sbagliavo di molto?)



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    1. Se avessi la forza di animare polemiche pretestuose in merito al 'marchio Ferrante' non scriverei sul blog di Atelier (altri più quotati e con maggiore consapevolezza critica lo hanno fatto in sedi prestigiose e con altra risonanza). Sono convinto - come chiunque ci ragioni un poco su -che Elena Ferrante non esista come autore reale ma come autore implicito (ergo fittizio) e questo credo che non si possa contestare più di tanto. Che le coincidenze conducano a casa Starnone, be', le ho enucleate. Personalmente credo molto all'accoppiata Starnone-Rajo con una mogliera voce dominante del duo a dirla tutta, magari lui a fare da comprimario, perché no. Se anche leggessi tutta l'opera omnia di Starnone e della Ferrante (e non ne ho alcuna voglia) non servirebbe a nulla come ho già detto; sia perché c'è una terza voce che mai si è palesata in prima persona (la Rajo), se non come voce traduttrice, quindi interposta (altro segno interessante) sia perché lo sdoppiamento finzionale e la mimesi narrativa fa sì che un conto è ciò che scrivo come D.S. (con il mio bagaglio di autorialità espressa) un conto è ciò che scrivo come E.F., in connubio famigliare per giunta. Nella letteratura simili atteggiamenti non sono affatto improbabili. Detto per quel che mi consta, il caso Ferrante rimane un ottimo esempio di eventualità letteraria fattasi editoriale con tutta la qualità autentica che si porta appresso. Diffido invece molto dall'ingenua adesione all'idea della scrittrice oscura, balzata dal nulla, che se ne sta in disparte mentre tutto il mondo parla di lei. Bella favola, non c'è che dire. Favola, appunto.
      E sia detto con buona pace della E.F. e di tutti quelli che si entusiasmano al suo fenomeno. Io non sono tra questi.
      Buona notte

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  12. Ma io non credo nelle favole, caro D. L., nè ho mai negato che la Ferrante possa essere chiunque altro.
    Ho solo negato risolutamente che possa essere Domenico Starnone, per come questi scrive.
    E (lo dico per la centesima volta, poi abbandono la discussione) basterebbe aver letto qualcosa dell'uno e dell'altra per convenire con me.

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    2. Caro Claudio, penso che alla E.F., pur non esistendo, le stiano fischiando le orecchie per quanto l'abbiamo evocata (o magari stamattina nel loro lettone la coppia Starnone-Raja avrà un gran mal di testa). Che Starnone c'entri qualcosa - anche se la moglie, in un primo tempo fu chiamata in causa come singola - lo dice il buon senso prima che la lettura: cioè, è mai possibile che il caso letterario-editoriale del 'marchio Ferrante' prodotto da Anita Rajo non sia mai stato discusso in casa Starnone? Che so una buttata d'occhio sulle bozze, una ritoccatina ecc.? In più, consentimi, per tua ammissione dici due giorni fa di aver letto le prime quindici pagine de "L'amore molesto" e qualcosa (cosa?) di Starnone. Le critiche che ho letto (compreso lo studio della Sapienza che mi girò una mia amica dottoranda) è di gente che ha letto tutta l'opera di entrambi e di critici che hanno pubblicato le loro conclusioni su: La Stampa, Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Fatto quotidiano. Non te ne avere a male ma lo zampino di Starnone secondo loro c'è: oppure magari avrà semplicemente scopiazzato in "Via Gemito" il prodotto di cui tanto ha parlato con la moglie per induzione (si sa, le donne sanno pure dove il diavolo nasconda la coda) o avrà disseminato inconsapevolmente tracce del prodotto creato in casa. Dici di non credere alle favole: però nel tuo primo post definisci quest'autrice 'unica' al di là del giudizio di valore e dotata addirittura di 'statura morale'. A me un marchio letterario-editoriale come è il marchio 'Ferrante' risulta poco dotato di statura morale, molto di statura commerciale (e questo al di là della qualità della pagina Ferrante che sarà pure di qualità altissima).
      Detto in conclusione spero tanto che un giorno salti fuori la sig.ra Elena Ferrante, carta di identità e codice fiscale alla mano: sarei piacevolmente spernacchiato, mi spernacchierei pure da solo, perché sarebbe davvero una ventata d'aria nuova nelle nostre tisiche brutte lettere, stavolta sì al di là della qualità del suo prodotto. Ma ho paura che dovrò aspettare ancora un bel po' per ricevere un piacere simile, il piacere dell'anonimato letterario, della pagina che vale per sé al di là dell'autore, simpatico, antipatico, presenteista o passatista, giullare o eremita.

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    3. Saranno pur tisiche le lettere, ma noi (plurale maiestatico) ce le siamo godute al di là di ogni “gemito” o “molestia” (dal titolo dei libri, non dai contenuti ovviamente).
      Solo per dire che qualcuno vi ascolta: non passate inosservati.

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  13. Ebbene, a questo punto lo confesso: la Ferrante c'est moi...

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