Il teatro è un'arte povera e
biologica. Povera perchè non ha bisogno di molto denaro per essere
esercitata; biologica perché l'unica ricchezza che può vantare è
nella qualità globale della persona che la esercita.
Per questo prima di dire: “faccio
teatro”, dovrei pensare “mi do al teatro”. “Darsi al teatro”,
viene prima di “fare il teatro”. Quando ci si dà, il proprio
fare risulta come illuminato da quel darsi, che è una sfida di ogni
giorno e di una vita. Quando si fa senza darsi il risultato potrà
anche essere buono, ma sarà sempre episodico e soggetto alle
oscillazioni dell'umore, agli accidenti della vita, insomma alle
forze distrattive che ci allontanano da noi stessi. Poiché “fare”
e “darsi” quando sono simultanei, quando vengono bruciati insieme
sullo stesso altare, provocano un'adesione totale a ciò a cui si
tende. Di questa adesione totale ha bisogno l'attore - l'uomo e la
donna di teatro. Senza questa adesione fare teatro è un atto
mancato, che si aggiunge ai tanti atti mancati della nostra vita.
Dunque è l'attore che ha bisogno di
questa adesione totale, non è il teatro che ha bisogno dell'attore.
Se l'attore non sente questo bisogno,
perché fa teatro? Attori che fanno teatro senza aderire con la
totalità del proprio essere ce ne sono molti: sono gli esibizionisti
e i pavidi. I primi non hanno bisogno di aderire ad alcunché, poiché
si nutrono della soddisfazione superficiale che proviene dal
mostrarsi agli altri per le proprie supposte grandi qualità: di
bravura tecnica, di sentimento; tutte osservate minuziosamente allo
specchio prima di essere rese pubbliche. I secondi vorrebbero
aderire, ma scappano quando il gioco si fa troppo serio. Entrambi
sono in fuga dalla vita profonda, ma per i primi il teatro è un
farmaco eccitante, per i secondi una pomata che allevia il sintomo.
(Foglietto manoscritto dell'attore ***
trovato, dopo la sua morte, nella tasca di un paio di pantaloni da
lavoro conservati nel guardaroba della casa di campagna dello
stesso).
Bellissimo, Franco! Il teatro è sempre e solo carne, sangue, sudore, corpo a corpo...altrimenti non è. E' cassetta che si riavvolge, esercizio assolutorio, siparietto bofonchiante. Nulla più.
RispondiEliminaOh, bel pezzo, Franco!
RispondiEliminaHo il sospetto che esibizionisti e pavidi coincidano, però ripeto: Oh, bel pezzo, Franco!
I tuoi interventi sono sempre vividi, gioiosamente tridimensionali*.
* (per gli under 20: tridimensionali = 3D).
Caro Franco, ribadisco: è ora di riprendere un bel po' di ciò che hai scritto sul blog per la rivista.
RispondiEliminaAT
Sottoscrivo. Aspetto da tempo il battesimo di "In tralice". Avrei voluto sgangheratamente provarci per "La serata a Colono" ma poi è andata in altro modo.
RispondiEliminaDL
Grazie ragazzi. Prendo con entusiasmo il suggerimento del diretur e mi metto al lavoro...
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